CONTRATTI DI LAVORO A TEMPO DETERMINATO

La Cassazione ribadisce che i lavori a termine possono essere prorogati una sola volta e in casi eccezionali. Pertanto, il "prolungamento" del contratto è consentito esclusivamente in presenza di esigenze contingenti e imprevedibili diverse da quelle che hanno giustificato l'originaria apposizione della durata anche quando il nuovo accordo è stato autorizzato dall'ispettorato.
La sezione Lavoro, con la sentenza n. 19365 del 10 settembre 2010, ha bocciato il ricorso di una società condannata, in primo grado, a convertire un contratto a termine, prorogato in violazione della legge, in rapporto a tempo indeterminato e a risarcire il dipendente per le retribuzioni perdute.
La società, dopo il via libera amministrativo, ha rinnovato un lavoro a tempo determinato per il protrarsi delle stesse esigenze di carattere straordinario che avevano dato luogo alla prima assunzione. L'autorizzazione rilasciata dall'ispettorato del lavoro rimuoverebbe, secondo il datore, il limite legale imposto sulle attività temporanee, rendendo legittima la proroga.
Di tutt'altro avviso i giudici, per i quali nessuna norma di legge deroga alla regola secondo la quale l'estensione di quel tipo di accordo è ammessa, con il consenso del lavoratore, non più di una volta e per un tempo non superiore alla durata del contratto iniziale, quando è richiesta per motivi eccezionali e si riferisce alla stessa attività.
Inoltre, la disposizione, il cui ambito di applicazione è stato esteso nel tempo e a tutti i settori produttivi, si applica anche alle ipotesi di contratto stipulato in base alla normativa sul contenimento del costo del lavoro e per favorire l'occupazione (legge 79/1983) che consente ai datori di lavoro di avanzare richieste nominative per l'assunzione di lavoratori giovani, di età compresa tra i 15 e i 29 anni , con contratti a termine aventi finalità formative.
Dunque, niente proroga sebbene questa mantenga la durata del contratto all'interno del periodo autorizzato dall'ispettorato del lavoro secondo la legge n. 79 del 1983.
Le esigenze contingenti e imprevedibili ontologicamente diverse da quella che avevano giustificato l'originaria apposizione del termine non trovano applicazione nel caso esaminato dalla Suprema corte.

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